E' dagli anni Settanta che Gianfranco Miglio si occupa di riforme costituzionali. In questo libro arricchisce il panorama tradizionale di tali studi con due nuove prospettive: una esplorazione dei legami che vincolano le disfunzioni del nostro sistema politico attuale al modo con il quale, nel così detto "Risorgimento", è stato messo insieme lo Stato "nazionale"; e, in secondo luogo, lo studio delle probabili mutazioni che, sulle istituzioni, avrà la crisi, ormai avanzata, del regime parlamentare e dell'ordinamento partitocratico.

 Le due indagini concordano nell'indicare che lo "Stato moderno" è avviato verso una fase "federale" del suo ordinamento.

 Di "federalismo" tutti parlano oggi, senza avere, talvolta, un'idea precisa del meccanismo a cui il termine allude: senza sapere che quest'ultimo sostituisce, alla dialettica dei partiti "nazionali", la dialettica delle unità territoriali minori. Quella "federale" è quindi una Costituzione eminentemente l'ordinata", al limite "autoritaria".

 Contrariamente a quanto si crede, non sfocia in un pluralismo esasperato e in un disordine istituzionale, ma, integrata in un sistema di governi "direttoriali", genera stabilità e prevedibilità di comportamenti e di decisioni.

 Così, applicata ad una convivenza di comunità molto differenziate, quale è l'Italia, un ordinamento "federale" renderebbe possibile la coesistenza di politiche economiche differenziate, e di ordinamenti giuridici in grado di far emergere le peculiarità altrimenti soffocate.

 Certo un cambiamento di tali proporzioni urta contro numerosi ostacoli, suscita difficoltà di adattamento, e provoca reazioni di categorie e di individui contro-interessati al mutamento; così che gli italiani, presi fra desiderio delle riforme ed il timore del loro costo, rischiano di trovarsi come il mitico Asino di Buridano, che morì di fame perchè incapace di decidersi fra due mucchi di fieno eguali.

 Eppure gli italiani, per la vicenda storica che li ha casualmente messi insieme, sono oggi, fra gli europei, in condizioni di aprire le porte dell'avvenire: potrebbero replicare il miracolo che li rese famosi nel Duecento, quando "inventarono" i liberi Comuni, e annunciarono il mondo moderno.

 Gianfranco Miglio è nato a Corno nel 1918. Professore ordinario di Scienza della politica all'Università cattolica di Milano, è stato per trent'anni preside della facoltà di Scienze politiche. Dopo essersi dedicato alla storia del diritto internazionale e alla teoria dell'amministrazione pubblica, dal 1964 si occupa dei problemi dello Stato moderno in generale, e dei sistema politico italiano in particolare, nonchè delle questioni più rilevanti dell'ordinamento internazionale attuale. Dal 1980 al 1983 ha diretto i lavori del «Gruppo di Milano», che ha studiato e proposto un organico progetto di riforma della Costituzione italiana. Ha collaborato al «Sole 24 ore», al «Corriere della Sera» all'«Indipendente» e a numerosi periodici italiani e stranieri. Fra le sue recenti pubblicazioni: Le regolarità della politica (Milano, 1988), Per un'Italia «federale» (Milano, 1990), Una Costituzione per i prossimi trent'anni (Bari, 1991), Come cambiare (Milano, 1992), Disobbedienza civile (Milano, 1998), L'asino di Buridano, prima edizione (Vicenza, 1999).

 

 

 

 

Torna